EUGENIO TOMIOLO
UN'EPOPEA DEL QUOTIDIANO
di Roberto Tassi - Milano, 1991
Mi accingo ancora a scrivere sull'opera di Eugenio Tomiolo, dopo averlo fatto poco più di dieci anni fa per introdurre una mostra che l'intelligenza di Emilio Bertonati e la sua scopertissima sensibilità avevano scelto e ordinato nella famosa Galleria del Levante. Con quelle doti e con quell'occhio penetrante, quasi infallibile, con la psicologia attenta ai fatti dell'arte più devianti, più diversi, più fioriti sui margini, Bertonati si era molto appassionato alla vicenda di Tomiolo e aveva subito sentito di trovarsi davanti a un artista di inconsueto linguaggio e di ricca fantasia, un artista la cui grandezza era ancora tutta da misurare, ma che, nell'indistinto di una vasta opera sconosciuta, sembrava delinearsi molto diramata e reale. La dolorosa scomparsa di Bertonati lasciò ogni cosa sospesa e Tomiolo tornò, anzi rimase non essendo ne mai uscito, nella solitudine, nel silenzio e nella tranquilla passione del suo lavoro, e per un altro decennio continuò a creare pittura molto bella, ora lirica, ora allegorica, ora di solida verità, ora di sogno, poetica e ispirata, come aveva sempre fatto, senza tenere in nessun conto, o quasi, i movimenti di ogni tipo e colore che gli si agitavano intorno. Mi accingo a scrivere di nuovo e sono, come allora, subito invaso da due sentimenti, che possono sembrare in contrasto, uno di piacere e quasi di gioia, di appassionata soddisfazione, e l'altro quasi di angoscia, come una vertigine di fronte alla vastità dell'impegno e alla difficoltà dell'interpretazione. Il piacere è di trovare un pittore che sconcerta, spiazza e contraddice coritinuamente i critici e gli storici dell'arte; che hanno bisogno, per una tranquilla comprensione, di situarlo entro un tempo, un'atmosfera, un periodo, un'area; di trovar gli ascendenti, influenze, rapporti con altri pittori o con altre poetiche, insomma di creargli una sistemazione che lo tenga in equilibrio entro un sistema; poiché molto spesso nella storiografia di questi storici si spiega un artista per mezzo di un altro, un'idea con l'aiuto di una diversa, che nell'insieme formino gruppo, struttura, continuità. Mentre Tomiolo è fatto apposta per lasciar sconcertato e deluso chi si serva di un tal metodo per avvicinarlo; poiché questo nel momento che si aspetta una cosa ne trova un'altra e seguendo allora la traccia di quest'altra viene riportato indietro a una precedente, o di lato a una terza ancora diversa; e può capitargli di vedere vicine, nate nello stesso periodo, opere che sembrano una all'altra lontana e quasi opposta, o addirittura, se non fa molta attenzione, che non sembrano dipinte dallo stesso pittore. Tomiolo è imprevedibile, e non nel senso della poesia, il che sarebbe abbastanza normale, ma perché segue impulsi e cammini tutti misteriosi o nascosti, attento solo alle proprie interne voci, alla propria natura e fantasia, e anche alle proprie manie e utopie. È un artista totalmente libero. Passa da un'immagine all'altra, da una natura morta a un paesaggio, da un pesce a un fiore, da un contadino che falcia a un giardino notturno, da una composizione fatta di ritmi a una finestra, da un ritratto a un'allegoria, e può sembrare che tutte queste "figure", queste invenzioni, abbiano modi diversi, testimonino un rapporto con la realtà sempre diverso e non appartengano quindi tutte allo stesso mondo poetico. Perciò si è parlato di eclettismo; lo ha fatto con molta cautela Francesco Porzio: "Riesumando un termine che non fu mai benevolo, nell'antica storiografia dell'arte, si potrebbe parlare di eclettismo", e ha subito rettificato: "ma in tal caso il nostro raffronto con Tomiolo dovrà subito arrestarsi, poiché in lui la modulazione stilistica non è mai citazione esteriore o parodia, ma variazione di intensità o direzione di un moto interiore di aderenza alla vita, alla sua intima contraddizione". In realtà infatti il mondo poetico di Tomiolo è unico, ma molto ricco, rigoglioso di tutti i sentimenti e le idee che non hanno mai bisogno di confrontarsi con l'esterno, conia moda corrente, lo spirito del tempo o altro, poiché seguono una propria nativa, e assolutamente autentica, motivazione, propri sentieri vergini, freschi e non contaminati. L'opera di Tomiolo, nel suo complesso, è quindi totalmente varia e di cronologia così complicata e poco decifrabile, che può produrre appunto, a volerla abbracciare tutta con una sola intenzione interpretativa, quel senso vertiginoso e quasi di sottile angoscia accompagnato e complementare alla felicità della forza poetica. Come si vede anche in questa mostra, che offre esemplari scelti lungo tutto il tempo del suo lavoro, dal 1941 al 1988. Ma, come non è molto difficile capire anche da questa mostra, una così gran- de mole di attività, di opere, tanti divergenti temi, il fitto incrociarsi di sentieri e di direzioni, la variabilità dello stile, a volte della struttura, a volte della luce, gli accordi riccamente diversi dei colori, non indicano frantumazione, incoerenza o casualità, ma trovano il loro momento, la loro misura e il loro posto entro una visione continuativa, armonica, che li unisce, li accomuna, li giustifica. Tomiolo è un artista intero, totale, coerente, non distratto da fattori esterni, da esterne intenzioni; la sua opera nell'insieme, se ben guardata, meditata e capita, sta come un grande blocco, come un diario ininterrotto di un poeta ispirato, di un uomo attento alla ricchezza e alla bellezza della realtà. Bisogna scoprire, rendere palese, in questa opera, ciò che la tiene unita, tutti quegli elementi di fondo, non appariscenti ma ininterrottamente in funzione, che la riconducono a un'unica sensibilità, a un'unica essenza, a un unico grande tessuto tra punto di colori e di luci.
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