Da EL MONDO XE PITURA
Perosini Editore - 1996
Prefazione di Franco Loi
Eugenio Tomiolo è un esempio di resistenza alle lusinghe intellettualistiche del Novecento e di lezione poetica nello stile e nella vita. Certo, in un'epoca come la nostra, sovrastata dal raziocinio e dalla professionalità già temuta da Schiller, il senso della poesia si fa largo a fatica. Non si da diritto di cittadinanza a un poeta privo di intellettualità o di libreschi supporti. Ma Tomiolo è poeta vero, e alcune delle sue composizioni s'impongono per la forza dell'intuizione e per la profondità della meditazione.
Due cose sono da evidenziare in lui: il fallimento della "modernità" rispetto alle esigenze degli esseri - e riemerge l'ammonimento evangelico che "non di solo pane vive l'uomo" e l'interpretazione del ruolo che la poesia in dialetto sta assolvendo in questo momento, ben oltre la vetusta diatriba tra dialetti e lingua nazionale. Ed è entro tali temi e tali tensioni che va accolta e indagata la poesia di Tomiolo, oltre la sua pittura. Chi infatti la conosce, così sapientemente sostenuta dall'arte e compiuta nella semplicità formale, ma essenzialmente allegorica, non si sorprende nel ritrovare nella poesia dell'artista i temi, gli umori e la grazia dei suoi dipinti.
Si può dire che al centro degli interessi artistici di Eugenio Tomiolo sia l'apparizione del mondo. Egli affronta la realtà, non tanto per carpirne l'immagine formale quanto la sostanza formante, l'energia-luce che dà vita e forma alle cose. Studia le forme come manifestazione di un'intima esistenza. La sua osservazione però è concentrata sulle emozioni e tramite le emozioni. Si può parlare di una meditazione emotiva del mondo. Tomiolo aspira a qualcosa che abbia la levità dell'invisibile e quindi l'impalpabilità dell'aria, ma nello stesso tempo abbia la concretezza del reale, e l'aria è anche sostanza, pur impercettibile agli occhi - la trasparenza dell'aria è per un pittore il massimo dell'astrazione, e il minimo di tangibilità sensibile.
Di sicuro, sappiamo la poesia essere un modo di affrontare la realtà prima che un genere letterario. Non si creda comunque che quella di Tomiolo sia di carattere confessionale. È poesia religiosa, in quanto religiosa è in ogni caso la poesia, come ribadito da Petrarca a Ungaretti. Non ne esistono una laica e una religiosa: unitario e totale il rapporto che l'uomo ha col mondo, impossibile quindi la poesia ove non esista il confronto con l'infinito anche solo attraverso le forme finite. Unica la cultura, e soltanto una visione miope e riduttiva della realtà può presumere di separarla a seconda delle ideologie o delle dottrine. Come unico e polivalente lo sforzo dell'uomo per conoscere e per accrescere la propria coscienza.
Già in Osèo gemo ci offriva, in un distico di apertura, una precisa indicazione sui suoi orientamenti: "Cossa me piasaria far 'na poesia liziera che restasse su par aria ... ", intendendo esprimere, con la propria visione cosmica della realtà, la nobiltà del poetare come respiro dell'uomo e l'impalpabilità dell'essenza delle cose, pur nell'amore delle forme materiche, e insieme l'inadeguatezza delle parole a darne un segno eterno.
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