Parla: Ennio Tomiolo
Corriere della Sera del 03/04/1990
"La Darsena con le anitre ha il profumo di Venezia"
Il pittore-poeta trova in certi scampoli sui Navigli le sue origini "Mi piace pure corso San Gottardo, pieno di vitalità meridionale" "Anche a Milano abito dove c'è l'acqua ... che strano, eh?": Ennio Tomiolo, pittore e poeta, nato a Venezia e trasferitosi qui subito dopo la guerra, sorride dentro la barba ormai bianca. "Nella Darsena di Milano hanno messo le anitre e la gente - una delizia - viene a buttare le briciole, il grano". Il suo studio è in un vecchio cortile di corso San Gottardo: vive tra qui e una traversa di Coni Zugna dove ha casa.
"Mi piace San Gottardo - dice -. è tutto pieno di vitalità meridionale, le donne o sono lunghe come cerve, o sono anitre, co ’sti oci neri, ’sti capelli crespi".
"Sono arrivato a Milano quando tutti i pittori veneti ci venivano a tentare la vita. Non avevo un centesimo. Ma sono stato fortunato. C’era allora un filosofo che aveva anche una galleria, all’angolo di Aurelio Saffi e corso Magenta... come faccio a ricordarmi robe così lontane non so. Ciliberti si chiamava e aveva sposato la Ponina Tallone figlia e sorella di artisti. Lì dà lui ho fatto la mia prima mostra di disegni a pennello. E lì ho incontrato Sironi, Carrà, Funi, Quasimodo, Agnoldomenico Pica che personaggio! Poi c'erano Chighine, Francese, Milani, lo scultore: non c’era osteria che non ci vedeva.
Molti di quei personaggi sono morti, e Tomiolo, che sta preparando una mostra molto attesa per il prossimo autunno, racconta aneddoti di allora, un pochino anche commovendosi. I milanesi di allora erano diversi, più aperti forse, più attenti agli artisti, anche a quelli che per età o per altro cercavano ancora la loro strada. Ricorda tra gli altri Orio Vergani che trovava il tempo di fare presentazioni per le mostre scrivendole a mano con la sua grafia caratteristica: "Ventitre righe sono sufficienti, di più la gente non legge" diceva porgendo il foglio al giovane pittore.
Ma Tomiolo è anche poeta e una sua raccolta è uscita da Scheiwiller con introduzione di Franco Loi. Un poeta milanese per un poeta veneziano: i versi di Tomolo sono in dialetto e il titolo del volumetto è "Osèo Gemo", ovvero uccello gomitolo, o raggomitolato, come i passeri quando fa freddo e gonfiano le penne fino a farsi quasi una palla. "Non c'è rapporto tra pittura e poesia - dice - Anche se dipingendo, ogni tanto, mi viene un verso.
La pittura è cercare un filo con il divino. La pittura per me ha questo fine, ma ha altri mezzi, altre muse. Non la capisco la poesia, mi ci vuole una settimana per entrare dentro un poeta. Però la faccio, è un mistero. La poesia ...lì vien fora interi versi, e non se sa da dove. Forse ti te incantaresse molto, se se riusisse a saver la ciave"
Tomiolo alza il bicchiere: "A chi no ghe piase el vin, Dio ghe cavasse l’acqua". Ma subito dopo si trasforma in un milanese che ce l'ha coi mi1anesi: "Parlano tanto, dicono bisogna far questo e bisogna far quello. Ma questo e quello è l'ultima cosa che conta nella realtà. Le cose che costruiscono hanno l'aria del provvisorio. Hanno il complesso del bunker, e del Cimitero. Sant’Eufemia, dove abitavo una volta, adesso è una via morta, sepolta sotto palazzi di. granito grigio e lucido. É incredibile credere che Sthendal ritenesse davvero Milano la più bella città d'Europa ... Però allora c’era tanta acqua, e canali".
Prende in. mano il suo libretto prezioso e comincia a leggere "Cossa me piasaria far 'na poesia / lisiera che restasse su par aria...". E in questo distico c'è tutto Tomiolo, l'artista segreto che vive a Milano con l'animo veneziano.
Giulia Borgese
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